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A nome della Rete Nazionale dei Centri antiviolenza D.i.Re saluto e ringrazio sentitamente la Presidente Boldrini per aver voluto tutte noi qui oggi.
Già lo scorso anno nella città di Reggio Calabria, in occasione della manifestazione nazionale contro la violenza alle donne, a seguito dei tragici e tristi fatti di Melito di Porto Salvo, ho avuto modo di evidenziare che dalla violenza alle donne si può e si deve uscire se si costruiscono reali reti e se ciascuno nel proprio ruolo porta avanti il proprio compito.
Esiste ancora una cultura della negazione della violenza contro le donne e vi sono numerosi studi che lo testimoniano. La Convenzione di Istanbul, sottoscritta e ratificata dal nostro Paese, oltre a riconoscere la violenza alle donne come fenomeno che riguarda la struttura della gerarchia di potere tra i sessi, indica nei Centri antiviolenza i soggetti fondamentali, nodi di una Rete, nell’approccio trasversale, globale e complesso necessario per affrontare il tema della violenza alle donne in modo efficace.
Gli 80 Centri antiviolenza, distribuiti sull’intero territorio nazionale e che compongono la Rete nazionale D.i.Re svolgono da oltre trenta anni un’azione fondamentale nella prevenzione e nel contrasto della violenza alle donne. Accogliamo in media circa 20 mila donne l’anno e nel 2016 ne abbiamo accolto il 30% in più rispetto al 2015. Dall’ultima rilevazione D.i.Re il maltrattante è quasi sempre il partner (58,6% dei casi) oppure l’ex partner (20,2% dei casi). Questo significa che nell’80% circa dei casi la violenza viene esercitata da un uomo in relazione con la donna.
Grazie alle donne e al movimento delle donne questo fenomeno ha, oggi, un’evidenza pubblica e se ne riconosce la natura strutturale e di genere. Grazie alle donne e al movimento delle donne, si sono realizzate le prime case rifugio, che hanno lavorato sulla messa in discussione dei ruoli tradizionali e aspettative ancorate al genere e si è affrontata la violenza come problema culturale e politico, una costruzione sociale.
C’è da fare molto ancora. L’Intesa Stato-Regione, ad esempio: nell’attuale forma vanifica e neutralizza il lavoro dei Centri antiviolenza, non serve alle donne che subiscono violenza, non aiuta l’indispensabile prevenzione e il necessario contrasto. Recentemente la Corte di Strasburgo ha condannato lo Stato italiano per non aver protetto la donna, che aveva più volte denunciato (caso TALPIS). E ancora, settembre 2016, la Corte dei Conti rileva come i finanziamenti del DPO siano stati erogati ai Centri antiviolenza ma si siano dispersi nei meandri delle Regioni/Comuni, in alcuni casi neppure spesi.
C’è ancora tanto da fare, soprattutto da parte delle Istituzioni. Ed è per questo che siamo grate alla Presidente Boldrini per aver offerto alla voce dei centri lo scenario istituzionale più importante della nostra Repubblica. Siamo certe del nuovo valore che ne discenderà al lavoro di tutte noi.

Grazie e buon lavoro a noi tutte.

ANTONELLA VELTRI
Vice Presidente D.i.Re
veltriantonella@gmail.com

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